Emergenza profughi in Bosnia

“Perché in questo Paese da vent’anni non si riesce a creare uno stato funzionale, ma si tiene sempre questo caos un po’ sotto controllo? Perché nessuno vuole intervenire per sistemarlo? […] Può la Chiesa, la Caritas o qualche altra realtà di Chiesa occuparsi di un’analisi seria e offrire al pubblico una lettura realistica di questi fenomeni, per far capire quali fenomeni abbiamo davanti e come possiamo eventualmente affrontarli meglio?” vescovo Franjo Komarica (Banja Luka)

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La rete Caritas per la Bosnia

In Bosnia e Erzegovina stiamo assistendo a una gravissima violazione dei diritti umani nei confronti dei migranti. La gestione del fenomeno migratorio nel paese balcanico, già molto fragile ormai da tempo, è infatti precipitata nelle ultime settimane. La chiusura del campo profughi “Bira” a Bihac (nord ovest del paese, nei pressi del confine con la Croazia), e il trasferimento forzato di circa 600 persone nella tendopoli di Lipa ha saturato la struttura e ha creato una tensione con l’IOM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) che gestisce su mandato dell’UE i centri di accoglienza e fornisce supporto al ministero di sicurezza bosniaco (responsabile delle migrazioni).

In tutto questo scenario, stanno inoltre continuando anche i violenti respingimenti alla frontiera della polizia croata verso chi prova ad attraversare il confine per entrare nel territorio comunitario – prassi violente già molte volte denunciate anche al Parlamento Europeo. Ai migranti senza un tetto viene dunque impedito di provare anche a proseguire il proprio percorso migratorio e di cercare un riparo adeguato in un altro Paese.

Il risultato finale di questa crisi politica, civile e istituzionale è la “catastrofe umanitaria” di cui parla IOM: 3.000 persone totalmente allo sbando, senza un posto dove stare, nel bel mezzo dell’inverno – che negli ultimi giorni ha portato le condizioni metereologiche più estreme: neve, temperature abbondantemente sottozero, gelate notturne.

Le persone, costrette a muoversi nel fango o sotto la neve, vivono senza luce, acqua e servizi igienici e senza riparo.

Interventi

Per i profughi di Lipa (Bosnia) la rete Caritas (Italiana, Ambrosiana e Ipsia) ha ultimato un refettorio da campo e l’acquisto di un’ambulanza e farmaci. La situazione nella nuova tendopoli resta drammatica non c’è posto per tutti. Manca acqua corrente ed elettricità.

Dal 24 febbraio è attivo il un refettorio da campo a Lipa. Il tendone permette ai circa 900 profughi che vivono sull’altopiano bosniaco di poter consumare il pasto in un posto riscaldato e coperto. Dopo la distribuzione di legna da ardere, nei primi giorni dell’emergenza, l’intervento di Caritas Ambrosiana, Caritas Italiana e Ipsia (e, nel nostro piccolo, anche di Caritas Lodigiana) entra in una nuova fase. Grazie all’accordo con le autorità locali, la realizzazione della nuova struttura finanziata da tanti sostenitori italiani, permetterà di migliorare le condizioni di vita dei profughi.

Bisognerà, infatti, continuare a sostenere l’intervento. Il primo e immediato obiettivo è comprare il cibo necessario ad offrire un’alimentazione corretta ai profughi poiché la Croce Rossa locale che si occupa di distribuire i pasti, non è in grado di farsene carico da sola.

Occorrerà poi monitorare la situazione sanitaria, tema molto sensibile con la pandemia di Covid che ha colpito duramente anche la Bosnia. Nei giorni scorsi sono state consegnate medicine. È stata donata un’ambulanza all’ospedale locale e allestita una tenda di servizio per i casi di emergenza che al momento viene utilizzata per isolare le persone affette da scabbia, malattia che si è molto diffusa tra i migranti a causa delle precarie condizioni igieniche in cui sono costretti a vivere.

Di fronte all’ostilità delle autorità locali a riaprire il campo profughi di Bihac, la cittadina più vicina, per trasferirvi i profughi, il governo di Sarajevo ha stabilito di realizzare proprio a Lipa un campo ufficiale. La località è però molto isolata a questo non favorisce l’inserimento dei profughi nel tessuto sociale ed economico del posto. Quindi qualsiasi intervento di lungo periodo dovrà tenere conto la volontà dei migranti di proseguire il viaggio verso l’Europa.

Ci uniamo allo sforzo della rete Caritas già attiva per poter essere d’aiuto in questa crisi umanitaria alle porte dell’Europa e dell’Italia.

Aggiornamenti

Approfondimenti

La grave situazione è stata raccontata recentemente anche dai principali media italiani ed internazionali:

Come sostenere l’emergenza

  • Donazione con carta di credito (Visa o Mastercard) o carta PostePay:
  • Donazione diretta presso la sede della Caritas Lodigiana, via Cavour 31 a Lodi (orari: da Martedì al Sabato dalle ore 9.00 alle 12.30);
  • Bonifico intestato a Associazione Emmaus Onlus (strumento operativo della Caritas Lodigiana) C/C Banca Etica IBAN IT41Y0501801600000012501656, causale “Emergenza Bosnia”

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