Lettera al Direttore de il Cittadino

3 Novembre 2023

In merito agli articoli usciti sul quotidiano locale nelle ultime settimane che paventano un aumento di persone senza fissa dimora sul territorio o un problema sicurezza legato a persone gravemente emarginate, come Caritas diocesana sentiamo il dovere e la necessità di fare chiarezza.

La situazione della marginalità non è un problema in esplosione, come potrebbe sembrare dagli articoli: il numero di persone senza fissa dimora sul territorio è stabile, e grazie al lavoro congiunto con gli altri enti del territorio (in primis Ufficio di Piano e Comune, ma anche Organismi Sanitari territoriali, forze dell’ordine e altri enti del terzo settore), la situazione è sempre più monitorata e sotto controllo. Le persone che dormono al ponte sono conosciute, accedono ai servizi Caritas come la mensa e il centro diurno, alcuni di essi addirittura lavorano ma non riescono a trovare qualcuno che sia disponibile ad affittare loro una casa o un posto letto.

Purtroppo il tema dei senza dimora è senza soluzione ultima: per quanti posti letto la città potrà offrire, ci saranno sempre persone che dormono per strada. Le persone gravemente emarginate ci stanno particolarmente a cuore, perché la condizione degli ultimi, per nostra natura, non ci può lasciare indifferenti e perché, in questi ultimi anni, facendo nostra la promessa evangelica (e non la minaccia) “I poveri li avrete sempre con voi” (Mc 14,7), la Diocesi ha aperto uno spazio per la loro accoglienza, Casa San Giuseppe.

Casa San Giuseppe è diventata il punto di riferimento per tante persone, sia perché è in grado di dare risposte concrete più immediate, sia perché in grado di accompagnale in percorsi necessari ed essenziali a compiere qualche passo in più verso una maggiore autonomia. Ciò è possibile grazie al lavoro di operatori professionisti, di Caritas e dell’ente pubblico (Ufficio di Piano), formati e appassionati alla causa, che ogni giorno incrociano le storie delle persone che vivono ai margini, di cui la società si accorge e scandalizza solo per le tracce di cibo o di coperte che lasciano in giro. Per noi a quelle coperte corrispondono nomi, volti…persone. Casa San Giuseppe diventa allora luogo di dialogo, possibilità di avere uno spazio di parola e di qualcuno che ridia fiducia.

La fiducia ha bisogno di tempo, le persone hanno bisogno di tempo, così come i percorsi di cambiamento in cui ciascuno è coinvolto. Questi tempi non sono quelli che vorremmo, i servizi stessi a volte non possono aspettare. È sempre una rincorsa quella da mettere in conto. Non dovrebbero perciò scandalizzare i ritardi, bensì spronarci alla pazienza e all’individuazione di strade finora intentate. Non si può nascondere la complessità che un lavoro in tale direzione richiede, così come non è possibile illudersi di ottenere buone soluzioni per tutti e sempre. Ma è altrettanto doveroso continuare a farsene carico.

Dallo sgombero del 2018 ad oggi, Caritas, grazie al supporto di operatori, volontari e donatori, senza i quali nulla sarebbe possibile, non si è mai tirata indietro, andando anzi ad aumentare i servizi offerti. Ancor di più, ci fa soffrire vedere come ancora le persone emarginate siano pietra di scandalo solo per un danno di immagine alla città, e non perché sia ritenuta inaccettabile la loro costrizione alla marginalità, a vivere delle briciole che facciamo cadere dalle nostre mense.

La condizione di emarginazione sociale estrema non è superabile solo grazie ad un accompagnamento che richiede tempo e l’apporto di figure professionali diverse, ma anche grazie ad una società e comunità accoglienti e attente, disposte a mettersi in gioco e a scommettere su percorsi di accompagnamento condivisi. Dal canto suo, Caritas, continuerà a non far mancare la collaborazione agli enti pubblici preposti alla gestione del territorio.

Facciamo quindi appello ad una maggiore sensibilità da parte di tutti: non fermiamoci al fastidio nel vedere l’immagine della città “rovinata” ma facciamoci sconvolgere dal fatto che, nonostante tutte le risposte che pubblico e privato stanno mettendo in campo, alcune persone ancora vivono ai margini. E portiamo loro rispetto: non sono da mettere in copertina, da fotografare e da additare alla società, ma fratelli più fragili che richiedono una particolare attenzione.

Carlo Bosatra, direttore Caritas Lodigiana

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