Afghanistan: a proposito di accoglienza

Pensavamo di trascorrere un sereno Ferragosto e invece hanno iniziato a rimbalzare sui Social e in tv le immagini dei talebani che entravano a Kabul. Un evento inaspettato? Alcune fonti parlano di errori di valutazione, altre di eventi preannunciati. Ma “Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere” (Wittgenstein), ancora nulla sappiamo delle vere ragioni di questo fallimento. Ma l’esilio della parola deve cessare quando torniamo a parlare di ciò che accade vicino a noi, fra noi cittadini, di cosa faremo, di cosa diremo, cosa penseremo di questa crisi umanitaria che è solo all’inizio.

Dopo questi giorni, in cui quasi tutti si sono sentiti di condividere almeno un pensiero con l’hashtag #Afghanistan sui Social (giusto per alimentare la polarizzazione dell’opinione pubblica), durante i quali in molti si sono fatti avanti – singoli cittadini e/o associazioni – mettendosi a disposizione dell’accoglienza, ci sembra urgente fare un po’ di chiarezza sul tema, almeno per quanto riguarda la posizione di Caritas lodigiana, che condivide la linea nazionale di Caritas Italiana che segue.

La crisi afghana non è la crisi di questi giorni, è la crisi di anni di guerra dal 2001 ad oggi. Basti infatti sapere che nelle nostre accoglienze si sono già avvicendati numerosi richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan – tramite la rotta balcanica – ben prima dell’arrivo dei talebani a Kabul dei giorni scorsi.
È vero anche che una copertura mediatica di questo genere su quanto sta accadendo in Afghanistan ha sollecitato oltre misura molte realtà ecclesiali, della società civile e della politica italiana e internazionale.

Da più parti, infatti, in questi giorni si sono rincorsi appelli per avviare evacuazioni umanitarie o per aprire nuovi corridoi umanitari dall’Afghanistan, in taluni casi dedicati esclusivamente a donne e bambini. La tragedia del popolo Afghano, le immagini che ci sono giunte e che ci stanno giungendo, il susseguirsi delle notizie non possono che provocare dolore e ottenere il nostro sdegno e preoccupazione. Però, al di là della comprensibile emotività che suscitano questi avvenimenti, è opportuno richiamare alcuni semplici elementi di politica migratoria internazionale per riportare il dibattito ad un realismo e ad una concretezza che al momento sono assenti.

Partendo dal presupposto che le vicende afghane potranno avere un effetto sui flussi migratori verso l’Europa nel medio periodo è bene ricordare che:

  • Le evacuazioni dall’Afghanistan riguarderanno 2.000/2.500 collaboratori del contingente italiano ad Herat e i loro familiari (oltre ad alcuni specifici casi). I ponti aerei, che hanno permesso sino ad oggi di trasferire in Italia 1.600 persone, saranno possibili fino a quando l’aeroporto di Kabul sarà sotto il controllo degli Usa. Le evacuazioni avvengono attraverso ponti aerei, seguendo principalmente il criterio della “collaborazione” con il contingente militare italiano (ISAF). In futuro non ci saranno le condizioni per continuare le evacuazioni in quanto l’aeroporto dovrebbe tornare a breve sotto il controllo del governo afghano che, quasi sicuramente, non consentirà a voli militari stranieri di trasferire cittadini afghani in altri paesi;
  • I corridoi umanitari, molto invocati in questi giorni, sono uno strumento attivabile solo da paesi terzi e non certo dal paese di origine di chi fugge. In sostanza non è possibile trasferire i richiedenti asilo dal loro paese perché nessun governo lo permetterebbe. Dunque l’idea di corridoi dall’Afghanistan non ha alcun senso. Diversamente i corridoi potrebbero essere attivati da paesi terzi dove sono fuggiti i cittadini afghani e più precisamente, come ci ricorda l’lSPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di Milano, da Iran, Pakistan e Turchia: più semplicemente dai paesi che si trovano lungo la rotta balcanica, in primis la Bosnia, dove migliaia di afghani da anni cercano di raggiungere l’Europa;
  • L’accoglienza di chi arriverà attraverso le evacuazioni o in futuro attraverso la rotta balcanica via mare, non potrà essere lasciata alla buona volontà delle centinaia di persone o associazioni che stanno chiedendo di ospitare afghani, ma sarà gestita dal Ministero dell’Interno. Dunque, nonostante le innumerevoli disponibilità per l’accoglienza di cittadini afghani, al momento Caritas Italiana ha ricevuto rassicurazioni dal Ministero dell’Interno sul fatto che i sistemi SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione, ex SPRAR) e CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria; gli stessi centri che come Caritas Lodigiana abbiamo aperto in accordo prefettizio sin dal 2014) possono sopperire all’esigenza di posti d’accoglienza.

Quindi:

a) Chi giungerà in Italia con i ponti aerei dell’aeronautica (collaboratori lsaf e loro familiari) verrà inserito nel sistema pubblico SAI o nei CAS;
b) L’arrivo dei collaboratori Isaf prevede un periodo di 10 giorni di quarantena che al momento è sotto la gestione del Ministero della Difesa e della Protezione Civile;
c) Chi giungerà via terra o via mare nelle prossime settimane o nei prossimi mesi si troverà ad affrontare la stessa procedura degli altri migranti ovvero richiesta di protezione internazionale e conseguente inserimento nel sistema di accoglienza istituzionale;

Con riferimento all’attività di advocacy, su suggerimento di Caritas Italiana, come Caritas diocesana continueremo a:
a) Chiedere l’attivazione di forme temporanee di protezione di afghani già presenti sul territorio;
b) Chiedere l’interruzione dei respingimenti in frontiera sulla rotta balcanica che ha visto molti cittadini afghani vittime delle polizie nazionali;

Il nostro impegno sarà di tenervi aggiornati circa l’evoluzione della vicenda, soprattutto quando nessuno sarà più così generoso o smetterà di condividere post sdegnati sui social perché impegnato a sdegnarsi per altre crisi.

Dona ora per l’emergenza Afghanistan

  • Presso la sede della Caritas Lodigiana, via Cavour 31 a Lodi (orari: da Martedì al Sabato dalle ore 9.00 alle 12.30);
  • Il bonifico intestalo a Associazione Emmaus Onlus (strumento operativo della Caritas Lodigiana) C/C Banca Etica IBAN IT41Y0501801600000012501656;
  • Donazione con carta di credito (Visa o Mastercard) o carta PostePay:

Dopo il versamento invia una mail con i tuoi per la richiesta della ricevuta valida per la detrazione a amministrazione.caritas@diocesi.lodi.it

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