Papa Francesco, nel’Angelus da piazza san Pietro del 19 agosto, ha ricordato come «negli ultimi giorni, gli abitanti del Kerala (India) sono stati duramente colpiti da piogge intensissime, che hanno provocato allagamenti e frane, con pesanti perdite di vite umane, numerosi dispersi e sfollati, e ingenti danni alle colture e alle case. Non manchi a questi fratelli la nostra solidarietà e il concreto sostegno della Comunità internazionale. Sono vicino alla Chiesa in Kerala, che è in prima linea per portare soccorso alla popolazione. Anche tutti noi siamo vicini alla Chiesa in Kerala e preghiamo insieme per quanti hanno perso la vita e per tutte le persone provate da questa grande calamità».
Dei 1.553 villaggi del Kerala, 1.287 sono stati colpiti dalle alluvioni, causando finora almeno 350 vittime, di cui 250 solo negli ultimi venticinque giorni. Alle perdite di vite umane di aggiunge l’interruzione delle vie di comunicazione e di accesso, la distruzione di abitazioni, l’inondazione di campi, il blocco delle attività produttive. Sono infatti ormai, dall’inizio della stagione delle piogge, più di duemila le abitazioni completamente distrutte e novemila quelle danneggiate. Gli sfollati, accolti in campi di accoglienza allestiti dal Governo, dalle organizzazioni non governative o ospitati presso familiari, sono almeno seicentomila. 24.000 ettari di terreno coltivabile sono andati completamente distrutti e con essi piccole e medie attività produttive.
«È un disastro senza precedenti a memoria d’uomo – dice padre Paul Moonjely, direttore di Caritas India ed originario egli stesso del Kerala – e l’estensione della distruzione è sconcertante. Ciò nonostante la Chiesa, molto attiva, si è mobilitata sin dalle prime ore nel portare soccorso alle vittime e nel coordinarsi con le altre agenzie sul territorio». Anche i rischi di epidemia stanno aumentando perché moltissimi impianti di acqua potabile sono stati contaminati, le fognature sono state sommerse e danneggiate e le malattie iniziano a diffondersi tra la popolazione nei campi.
Caritas India, in coordinamento con le Caritas Diocesane dei territori colpiti, ha fornito in queste settimane cibo, riparo, acqua potabile e medicine. Le Chiese e i centri Caritas sono aperti all’accoglienza, e stanno facendo ogni sforzo di assistenza sin dalle primissime ore dell’emergenza. «È necessaria la solidarietà del mondo intero per far fronte a questo disastro, che avrà conseguenze di lungo periodo – continua padre Paul – e anche se il Governo ha promesso aiuti ingenti, mobilitandosi prontamente per i soccorsi, ancora adesso ci sono villaggi da raggiungere. Sono come sempre i più poveri dei poveri a rischiare di essere lasciati ancora per ultimi e di vedere il maggiore pericolo per la propria vita».
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