L’amore non ammette alibi: Calendario 2017 – 2018

In queste parole ci pare di cogliere l’essenza del messaggio che Papa Francesco ha consegnato nella lettera per la 1° Giornata Mondiale dei Poveri. In queste stesse poche parole ci sta l’essenza stessa del vangelo e di quelle pagine di BUONA NOTIZIA che sono le lettere che Giovanni scrisse alle comunità nelle quali aveva vissuto. Sono parole che dicono, con semplicità, che se vogliamo vivere il vangelo non possiamo che FARE I FATTI DELL’AMORE

I fatti si fanno nella storia, ed ogni comunità cristiana, collocata dal Signore in uno spazio geografico, ne incontra una. La storia che stiamo incontrando è quella dell’evoluzione della globalizzazione, della difficile armonizzazione fra politica ed economia, della rivoluzione tecnologica, dello smarrimento culturale, della ridefinizione delle regole del commercio internazionale, del cambiamento del mondo del lavoro, della crisi economica che ha ancora i suoi strascichi, dell’invecchiamento della popolazione con i suoi carichi di fatica e di solitudine, dei giovani sfiduciati, incerti ed entrati in stato di precarietà esistenziale, tanto che qualcuno parla di generazione “sprecata” perché non li si ascolta più nelle loro capacità di innovare e si dilaziona sempre più la loro possibilità di dare un contributo alla società. La storia che incrociamo è quella del fenomeno migratorio dipinto esclusivamente nei termini di una catastrofe, mai in quello dell’opportunità o anche della semplice occasione. Seguendo questo approccio l’emigrato viene sempre più utilizzato come il capro espiatorio per ogni problema, impedendo che si produca una riflessione condivisa e lucida per pensare la società del futuro.

In questa storia, se vogliamo vivere il Vangelo, dobbiamo starci, non pensando di trovarne altre o attendendone una diversa. Dovremmo starci senza facili alibi
In questa storia, se vogliamo vivere il Vangelo, dobbiamo starci, non pensando di trovarne altre o attendendone una diversa. Dovremmo starci senza facili alibi che si manifestano in voci che spesso sentiamo dire: “non ho tempo!”; “non spetta a me!”; “tocca a qualcun altro!” e che in alcuni casi giungono anche a dire “sono io il custode di mio fratello?”.

Le parole possono diventare così facili alibi ai fatti dell’amore e quando ciò accade diventiamo complici della povertà in qualsiasi forma essa si esprime. All’inizio di un nuovo anno rinnoviamo dunque, come Caritas, il desiderio dell’impegno nelle storie di povertà, certi che ogni fatto di carità evangelizza in quanto rende presente nel mondo il Regno di Dio

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